giovedì 16 giugno 2011

Sergio Mangiavacchi racconta. Quel 3 novembre del 1943

Questa strage dimenticata che verrà presto ricordata nel modo dovuto è raccontata da un testimone superstite, il prof Sergio Mangiavacchi allora dodicenne.

'Era il 3 novembre del '43. Iniziava la stagione dei funghi. I miei amici Marcello Frati (anni 15 ) Ferdinando Giannelli (12) Mimì Garosi e mio fratello Umberto Mangiavacchi (10) attesero che io uscissi da scuola per andare insieme alla ricerca dei funghi nei boschi di Palazzo Massaini. Marciavamo spediti lungo il tracciato dell' acquedotto, quando nel campo tra il podere Trieste e il poggetto prospicente notammo alcuni pastorelli che si divertivano a giocare con uno strano oggetto rossastro. Lo tiravano in alto ripetutamente come fosse una palla. Riconoscemmo essere un ordigno esplosivo e precisamente una bomba da mortaio 45. Allora convenimmo di toglierla ai piccoli e di portarla altrove. Riuscii a convincere il Frati a metterla nel tascapane per portarla sul poggetto dei cipressi e poi gettarla nel piccolo fontone allora esistente sulla cima. Mi dette retta, ma giunti, il Frati indugiò sul da farsi: allora ci sedemmo io, lui e Mimì su di un grosso tubo dell'acquedotto. Ferdinando e mio fratello si tennero impauriti a prudente distanza. Marcello e Mimì iniziarono una discussione, perchè il Frati indugiava a disfarsi della bomba. Questi di carattere nervoso e irascibile, dopo avere ripetutamente affermato che non c'era pericolo e che la bomba non poteva esplodere, in un impeto di rabbia impugnò l'ordigno e lo battè pesantemente di punta su di una pietra. Una terribile esplosione e Marcello veniva completamente dilaniato, Mimì col ventre squarciato rantolava in fin di vita. Io che sedevo di spalle a meno di un metro sullo stesso tubo, sentendoli litigare, avevo alzato il piede destro per passare accanto a loro, scavalcando il tubo, proprio nell'attimo della esplosione. La raffica principale colpì solo il mio piede, perchè nel girare il corpo salvai il mio fianco destro e gli organi vitali. La borsa che avevo al braccio fu traforata da mille buchi. Marcello morì sull'istante, io e Mimì con il camion della vicina fornace Crestini fummo portati all'Ospedale di Montepulciano. Mimì morì durante la notte, io rimasi ricoverato per due mesi, incerto il chirurgo sul da farsi per vincere una terribile infezione, generata da una miriade di schegge, non tutte estratte nel primo intervento e nel secondo. Rischiai l'amputazione del piede. Mio fratello, nonostante la distanza, venne colpito di striscio sulla guancia da una scheggia. Ferdinando, invece, fu l'unico incolume. Questo avvenne il pomeriggio del 3 novembre del '43.

4 commenti:

F.S. ha detto...

Questa documentazione è molto importante per la Comunità. grazie

lotto ha detto...

C'e' qualcuno che dice i pronostici boni per il lotto ? Ho bisogno di soldi.

lotto ha detto...

Che storia! che sfiga! Una cosa del genee ti segna tutta la vita , soprattutto le notti.....

Anonimo ha detto...

mai più guerre