Presente tutto quello che è stato scritto nelle ultime settimane sullo stato di salute del Partito Democratico? Non è vero niente. Il Pd infatti oggi sta peggio di come si è raccontato finora. Sta parecchio peggio rispetto allo scorso anno di questi tempi (ha perso 8, 9, 10 punti, a seconda dell’istituto di rilevazione), sta molto peggio rispetto alle elezioni politiche del 2013, quelle della “non vittoria” di Pierluigi Bersani. Una situazione anomala perché è ancora la seconda forza del Paese, ma il logoramento dell’esperienza di governo, le aspettative e la delusione per la stella renziana (per ora ridotta a cometa) e l’isolamento politico che ha prodotto una coalizione di centrosinistra fanno sì che quello del Pd sia il motore più inceppato all’inizio della corsa elettorale che si concluderà con il voto del 4 marzo. Lo scioglimento delle Camere (il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è pronto ad avviarlo già dopodomani) è lo start e la griglia di partenza – di una campagna elettorale per la verità mai finita – appare chiara. Lo schieramento di partenza non assomiglia a quello delle gare automobilistiche, piuttosto a quelle dello sci perché le forze politiche si portano dietro anche distacchi e handicap